WILD WEST TO AGILE

Autore: Alberto Scarpa  | 28 July 2023

Jim Highsmith è uno dei padri fondatori del movimento agile, è un leggendario “agilista”: è il riconosciuto ideatore dell’Agile project management, è stato firmatario nel 2001 dell’agile Manifesto e nel 2004 è stato promotore della Declaration of Interdipendence che ha consentito l’agile mindset di diffondersi al di là del mondo del software e di estendersi al project management e al management in generale. 

WILD WEST TO AGILE

Da quando mi occupo dei metodi agili nella gestione delle attività progettuali sono sempre stato affascinato da Jim Highsmith, dai suoi libri e dalle sue illuminanti e perspicaci idee. Non mi sono quindi lasciato sfuggire il suo nuovo libro appena pubblicato negli USA con il  titolo di “Wild West to Agile” (edito nel 2023 da Addison-Wesley).

Il nuovo libro di Highsmith è in poche parole l’avvincente storia del movimento Agile: ci ricorda da dove si è partiti, cosa c’era prima dell’agile “manifesto”, attraverso quali passaggi si è arrivati al “manifesto”, come si è diffuso il movimento agile in tutto il mondo e come ci potranno essere utili i valori e i principi “agili” per affrontare il prossimo caotico futuro.

La storia descritta nel libro è una “non fiction story”, cioè è una storia vera e proprio per questo è avvincente, fatta di un interessante intreccio, lungo quasi sessant’anni, tra la personale storia professionale di Highsmith e le evoluzioni del mondo del software, dell’innovazione tecnologica e delle metodologie utilizzate dalla fine degli anni 1960 ad oggi.

Questo lunghissimo periodo professionale viene suddiviso da Highsmith in quattro distinte “ere”:

  • Wild West;
  • Structured;
  • Roots of Agile;
  • Agile

Sono ere collegate tra loro da un mix di esperienze personali, di software development, di avventurosi e geniali pionieri del software e di nuovi stili di management.  Per scrivere questo libro Highsmith ha scavato a fondo nella sua memoria e nel suo passato, ricorrendo alle proprie agende, alle mail, ai propri appunti e ai dialoghi con i propri amici e colleghi, consentendoci di scoprire aspetti interessanti della sua vita professionale.

Il libro ci consente di scoprire che Jim Highsmith non è nato “agilista”, ma che “agilista” lo è diventato un po’ alla volta guidato dalla sua voglia di apprendere, di migliorarsi e dalla sua innata curiosità e capacità di prendersi dei rischi, comunque calcolati (dice lui).

Dopo diversi lavori come ingegnere all’interno di grandi company ha deciso di ampliare la propria preparazione nell’ambito del management piuttosto che approfondire l’ingegneria. Ha poi deciso di lasciare la sicurezza delle grandi aziende per passare in una start up fondata dal suo amico Ken Orr (la KOA) e successivamente per diventare consulente indipendente.

Fondamentale nel corso degli anni è stata anche la sua capacità di collaborare con gli altri esperti del mondo del software. Nel corso del tempo ha collaborato con Ed Yourdon e Tom De Marco (Analisi strutturata di sviluppo del software), successivamente con Kent Beck (Extreme programming) e poi con Schwaber e Sutherland (Scrum) ma anche con Martin Fowler, Jeff De Luca, Mike Cohn, Alistair Cockburn (Crystal) e molti altri.

La capacità continua di apprendere, adottare, modificare, evolvere, collaborare e prendersi dei rischi l’hanno fatto diventare una delle menti più smart e innovative per project management. Sono piacevoli molti aneddoti riportati da Highsmith su clienti, colleghi e amici. Interessanti i rapporti e le amicizie con diversi compagni, lo scambio di manoscritti e di articoli con Kent Beck e lo svelare che il famoso incontro del 2001 in cui è stato scritto l’agile manifesto era stato preceduto fin dal 1999 da meeting che possono essere considerati precursori del movimento Agile. 

Vediamo velocemente cosa ci racconta Highsmith delle quattro ere che ha attraversato nel corso della sua lunga vita professionale.

  

L’era “Wild west” (1966-1979)

WILD WEST TO AGILE

Highsmith ricorda l’era “wild west” come il periodo dei pionieri del software, dove i processi software, i tool e la formazione erano scarsi. Dove i limiti dell’hardware riguardo la capacità di elaborazione e di memoria erano enormi, e dove l’interazione con il computer era primitiva ed impersonale (es. utilizzo di schede perforate).

Durante i primi anni di questa era, lo sviluppo del software viene etichettato come "ad hoc" perché privo di un processo e un metodo preciso, ma – dice Highsmith - i “pionieri del software” hanno lavorato fin da subito su primordiali metodi che immaginavano di trasformare in una disciplina ingegneristica.

Nell'era del selvaggio West, l'ottimizzazione delle risorse del computer aveva la precedenza sull'ottimizzazione delle risorse umane. I costi dei cicli di elaborazione del computer, della memoria centrale e della memoria esterna erano enormi rispetto a quelli odierni. In questo periodo Highsmith conobbe e poi collaborò con Ed Yourdon e Tom De Marco dai quali apprese i primi metodi emergenti di analisi strutturata del software che si svilupparono poi compiutamente nel corso dell’era successiva.

 

L’era “Metodi strutturati e Metodologie monumentali” (1980 – 1989)

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Highsmith descrive questa era come un periodo di cambiamento sia personale, sia dal punto di vista tecnologico ed economico. Il tasso di cambiamento era però ancora moderato, ci si trovava nella fase “complicata” del modello di Cynefin, la fase in cui dominano le “buone pratiche”.

L'industria del software all’epoca aveva superato la soglia dei 10 miliardi di dollari all'anno senza quasi nulla di scritto su come il lavoro avrebbe dovuto procedere. Stava cercando di passare da uno stato indisciplinato verso un'efficace disciplina di ingegneria del software. Ed Yourdon e De Marco per primi introdussero i metodi strutturati che comprendevano una serie di diagrammi e metodi sequenziali che insieme portavano disciplina e tecniche allo sviluppo del software.

Anche Highsmith in questo periodo con la sua società aveva ideato e diffondeva una sua metodologia strutturata di sviluppo per software denominata DSSD (Data Structured Systems Development). Nel corso di questo periodo, nel tentativo di organizzare e gestire meglio i processi software e le fasi di attività, le metodologie hanno raggiunto un livello formale di burocrazia che ha messo in ombra i benefici delle tecniche strutturate. In breve le metodologie strutturate diventarono ben presto “metodologie monumentali” molto rigide e pesanti da impiegare e sempre meno adatte ad un contesto che diventava maggiormente complesso.

Secondo Highsmith lo sviluppo delle metodologie monumentali è stato determinato da diversi fattori. In primo luogo, l'emergere di “software engineering” era in parte basato sul desiderio di elevare il campo del software a un livello legittimo e professionale al pari delle altre discipline ingegneristiche. In secondo luogo, il management era ancora impantanato nell'era dell'esecuzione, in cui fiorì lo stile comando-controllo. Garantire il "controllo" era una misura chiave delle prestazioni del management. I manager aziendali spesso sapevano poco sullo sviluppo del software e pensavano che dovesse essere simile alla costruzione di un magazzino; presumevano di poter prevedere con precisione il futuro e, quindi, controllare i risultati. Un terzo fattore è stato il crescente interesse per la gestione dei progetti, in parte guidato dal Project Management Institute (PMI). Poiché molte pratiche di gestione dei progetti si sono evolute da quelle del settore delle costruzioni (ad esempio: navi, impianti di produzione), i project manager sono stati istruiti sui processi seriali a cascata.

Questi fattori hanno incoraggiato la formazione e l'uso esteso di metodologie monumentali a cascata, orientate al controllo, con un approccio top-down, pesanti per processi e documentazione (un esempio è costituito dal Capability Maturity Model).

Come accade spesso i successi e i fallimenti di una era costituiscono la base per la successiva.

 

L’era roots of Agile (1990 - 2000)

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“Richiedono troppo tempo, costano troppo, non soddisfano le nostre esigenze", lamentavano i manager dei loro progetti di software IT, mentre cercavano di rispondere alle richieste del mercato.

Highsmith ha iniziato questo decennio facendo consulenze indipendenti e seminari di insegnamento in tecniche strutturate e metodologie a cascata e ha concluso il decennio abbandonando entrambi.

L'era Roots è stata trasformativa in diversi modi. Le metodologie di sviluppo del software hanno iniziato a reagire alle metodologie deterministiche, di ottimizzazione e a cascata. Internet ha introdotto nuove entusiasmanti possibilità. Il management ha iniziato a trasformare i rapporti con i dipendenti (dal command and control a rapporti più collaborativi). Sono emersi nuovi pionieri nello sviluppo di software. È stato un decennio impegnativo per Highsmith che illustra attraverso decine di esperienze e collaborazioni come si è evoluto il suo pensiero. E’ passato a RAD (rapid application development) l’ha evoluto passando a RADical introducendo concetti di valore, qualità, velocità, leadership e collaborazione. Nel 1994 nell’articolo RADical (di Bayer e Highsmith) si possono vedere già alcuni aspetti del pensiero Agile:

  • Il ciclo di vita deve trasformarsi da statico (orientato alla documentazione e al processo) ad un orientamento dinamico, evolutivo, di prodotto
  • La gestione del progetto deve utilizzare tecniche di "timebox" brevi
  • E’ necessario un ciclo di vita evolutivo
  • I team RADIcal devono essere dedicati.

Dal metodo “RADical” Highsmith è poi passato al metodo “adattivo di sviluppo del software” attraverso l'uso di una nuova mentalità e del framework della teoria dei sistemi adattivi complessi (CAS).

Nell'era Roots, si è andati oltre gli approcci tradizionali allo sviluppo del software perché non funzionava la mentalità secondo cui si può sviluppare un piano e poi eseguirlo con deviazioni minime; che si possono prescrivere processi algoritmici, che si può prevedere il futuro, che i processi possono scacciare problemi inaspettati con piccole variazioni di lavoro, che le persone sono ingranaggi di un meccanismo.

 

L’era Agile (2001 – presente)

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L’era agile inizia con l’agile manifesto ed è ancora in corso.

Vengono forniti molti dettagli sugli incontri preparatori con Kent Beck (XP) e sul famoso incontro di Snowbird  in Utah (11-13 febbraio 2001) nel corso del quale 17 anarchici rivoluzionari esperti di software si incontrarono per parlare, sciare, discutere e trovare un terreno comune di valori e di principi da adottare per un efficace e migliore sviluppo del software dal quale è appunto emerso l’Agile Manifesto. Highsmith indica come l’effetto di quell’incontro sia andato enormemente al di là delle loro aspettative a tal punto che ancora oggi la letteratura prevalente (Hardward business review, Forbes, MIT Sloan Management Review e McKinsey Insight) considera l’agilità nell’IT e in generale nelle aziende come strumento per affrontare sfide complesse e un contesto caotico.

Il periodo che porta fino ai giorni nostri inizia con le difficoltà e i pregiudizi nei confronti dei metodi agili, l’utilizzo “carbonaro” a livello di “iniziativa personale” di tali metodi, la sua progressiva e inarrestabile diffusione grazie a una moltitudine di articoli, alle organizzazioni agili formatesi e alla fiducia di leader coraggiosi (IT manager e CEO) che hanno iniziato sempre maggiormente a credere nell’efficacia di tali metodi. Highsmith parla anche della Declaration of independence, della Agile Alliance, delle diverse metodologie agili, dello scaling agile e di molti altri concetti utili per affrontare al meglio la digital trasformation nei nostri giorni. Highsmith risponde anche alla provocatoria auto domanda se i metodi agili hanno fatto il proprio tempo e sono ormai da cambiare… Ovviamente a questo punto non aggiungo altro per non rovinarvi la lettura e per i dettagli vi rimando al testo.

 

Conclusioni

E’ stato per me molto affascinante viaggiare assieme a Highsmith per 60 anni di sviluppo del software e di metodologie di project management. Interessante per ogni epoca, l’intreccio di storie personali e contesti aziendali che illuminano sia il cambiamento che la continuità nelle metodologie e nelle mentalità di sviluppo del software. Come la migliore saggistica creativa, questa di Highsmith è una storia vera ben raccontata. L’ho trovata assolutamente avvincente, e la consiglio sia a chi ha vissuto in tutto o in parte quei periodi e li vuole ricordare, sia a quelli che fanno parte della nuova generazione che vogliono sapere come “diavolo siamo arrivati fin qui!”.

 

Riferimenti del libro:

Titolo: “WILD WEST TO AGILE”

Autore: Jim Highsmith

Editore: Pearson Addison-Wesley

ISBN-13: 978-0-13-796100-9

1° edizione: 2023

Lingua: inglese

Edizione italiana: attualmente non disponibile