Storie di sport e di atleti viste dalla prospettiva di un Project Manager.
Autore: Giovanni Lastoria | 4 November 2022
Oggi so già che andrò ad imboccare una strada insidiosa. Lo dichiaro in anticipo, così mi perdonerete se mi dovesse capitare di andare fuori tema. Qualche tempo fa girava un video sui principali social, si partiva dal sorriso di una ragazza per zoomare verso l’alto su, su, fino al cosmo infinto, per poi ritornare indietro fino allo stesso sorriso e zoomare, questa volta al contrario, fino all’infinitamente piccolo (https://www.youtube.com/watch?v=fI1Szx9itJ8)
In poco più di due minuti si aveva la percezione di quanto sia intricato tutto ciò che sta intorno a noi, così come lo è anche tutto ciò che sta dentro di noi. Se volessimo usare un solo termine, potremmo dire che tutto ciò che sta fuori o dentro di noi è COMPLESSO.
Ma di quel video si poteva cogliere anche un secondo messaggio che più o meno suonava così: che tu intraprenda un viaggio al di fuori o al di dentro di te, c’è sempre un qualcosa che lega ogni cosa precedente alla successiva.
Torno subito indietro nel pragmatico mondo dei PM altrimenti rischio di perdermi anche tutti quelli che sono arrivati fino qui! La complessità interviene anche nella gestione dei progetti e il nostro PMBOK fornisce una spiegazione attenta di ciò che potrebbe generare complessità all’interno di uno di essi. Ci mette anche subito in guardia del fatto che la COMPLESSITA’ è molto difficile da gestire. Per tale ragione, sempre lui, il PMBOK, suggerisce che un team deve sempre rimanere vigile e valutare costantemente se ci si sta avviando verso una deriva COMPLESSA. La complessità dipende altresì dal comportamento delle persone, dai sistemi che interagiscono e dal contesto del progetto. In generale maggiori sono le variabili che possono interferire all’interno del progetto, maggiore sarà la complessità che si potrebbe generare e che si dovrà gestire.
Insomma, la complessità per il PM è una sorta di guastafeste, un mezzo tsunami. Per questi motivi se la si può evitare, meglio.
Mhmm! Però, però, questa visione non mi convince del tutto e voglio provare a considerare una versione un po’ diversa. Partiamo dal fatto che, come dice il PMBOK, la complessità quando arriva, arriva! Certo vigilando a dovere, posso limitare il suo impatto, ma a quanto sembra, non posso evitarla. Tuttavia, al posto di provare solo a gestirla, potrei trovare il modo di conviverci e magari provare a farne parte o provare a farla diventare parte del contesto del mio progetto.
Quando ho pensato di trattare l’argomento della complessità, non ho avuto dubbi su quale potesse essere lo sport che mi avrebbe dato una mano a superare il confronto e sono andato sparato sulla triplice, la disciplina sportiva nota ai più come TRIATHLON.
Ora come nel video citato in precedenza, l’esercizio che proveremo a fare sarà quello di partire dall’atleta (o dal PM) per zoomare all’interno e all’esterno della sua persona.
Per risolvere l’esercizio mi avvarrò di tre “attrezzi” : 1 – la definizione di complessità, presa dall’enciclopedia Treccani; 2 – L’esperienza di Alberto Mottura, un triatleta estremo; 3 – alcune conclusioni di Yuval Noah Harari sull’evoluzione dell’uomo.
Ok, partiamo!
COMPLESSITA’ : Caratteristica di un sistema (perciò detto complesso), concepito come un aggregato organico e strutturato di parti tra loro interagenti, in base alla quale il comportamento globale del sistema non è immediatamente riconducibile a quello dei singoli costituenti, dipendendo dal modo in cui essi interagiscono. (https://www.treccani.it/enciclopedia/complessita).
Si parla quindi di come le componenti interagiscono tra loro, per semplificare ancora di più di come comunicano e come collaborano.
Bene! Andiamo ad incontrare Alberto Mottura che ci aiuterà a capire come si può gestire un sistema complesso quando lo si va a mettere sotto stress, per esempio quando si deve preparare una gara di triathlon estremo.
Alberto è una persona come noi, con un lavoro, la sua casa, la sua famiglia, ma ha una fortissima passione per lo sport. Da giovanissimo è stato un buon nuotatore agonista e come spesso accade dopo aver staccato per qualche anno, per impostare la sua vita, è rientrato nell’ambiente sportivo come allenatore, ha ripreso ad allenarsi con gli amici che gli hanno fatto scoprire prima la corsa, poi la bici, per approdare in ultimo al triathlon. Alberto però è un puro, quando partecipa ad una gara non lo fa solo per sé stesso, lui deve sentirsi all’interno di un contesto in cui si riconosce, un ambiente in cui anche gli altri atleti affrontano la sfida con la stessa filosofia che per lui è quella di provare, in qualsiasi condizione, a dare sempre il massimo, quasi arrivando al limite delle proprie forze e capacità.
“È per questo” mi dice, “che snobbo i vari IRONMAN, perché li questo spirito si perde. Molti possono completare un IRONMAN, puoi farlo anche quasi camminando, sinceramente però sapere che ci sono persone che sono lì solo per dire di essere arrivati in fondo, mi fa perdere tutto lo spirito di partecipazione e di appartenenza al gruppo di atleti protagonisti!”
E infatti Alberto ha sempre preferito partecipare a gare con meno richiamo mediatico e di marketing, ma che avessero qualcosa di particolare, di unico, tra queste ha completato 6 volte l’ElbaMan e in particolare è stato protagonista di un’edizione dello StoneBrixiaMan che ha quasi rischiato di vincere.
Bene, se siete di quelli che possono avere un calo di zuccheri solo a nominare le tre discipline del TRIATHLON, vi suggerisco di non proseguire. Si perché lo StoneBrixiaMan fa parte di quelle gare che vengono definite xtreme-triathlon, per cui oltre a includere le distanze lunghe del triathlon, prevedono che il tutto si svolga in uno scenario di montagna, il che significa pendenze, salite, acido lattico nelle gambe, crampi, sbalzi di temperatura importanti…e qui mi fermo, per non perdere un’altra parte di lettori.
Giusto per avere una vaga idea, lo StoneBrixiaMan prevede di attraversare a nuoto il lago d’Iseo per 3,8km, con partenza comoda, alle 4 del mattino (c’è una ragione, ovviamente), quindi uscendo un po’ umidi si inizia un giretto in bici per 175km, ma con ben 4200m di dislivello positivo (definizione: Dislivello - Wikipedia); quindi se arrivate alla fine, lasciate giù la vostra bici, vi “avviate al traguardo” percorrendo 39km di corsa anche qui con 1400m di dislivello, di cui gli ultimi 800m nei 7km finali. Poi siete arrivati! Aah! La partenza alle 4 del mattino è perché il tutto va completato entro le 20 ore.
Chiedo ad Alberto di come ha preparato e gestito la complessità di una manifestazione così impegnativa e qui inizia il nostro ZOOM VERSO IL BASSO!
"Ad una gara di questo tipo ci arrivi un po’ per caso e un po’ per gradi!”.
"Prima del Brixia, avevo già fatto 6 ElbaMan che per me è la gara perfetta, anche li c’è molto dislivello da gestire sia nella sessione di bici che di corsa. All’ElbaMen ho incontrato alcuni amici che mi hanno parlato del Brixia e da lì l’idea ha iniziato a lavorare nella mia testa : perché non preparare una gara estrema?"
“Il triathlon io lo vivo come un viaggio introspettivo che impegna il mio fisico, ma anche e forse soprattutto la mia mente. Il Brixia ha rappresentato un viaggio fantastico, da tutta la fase di preparazione fino al giorno della gara.”
Per arrivare al giorno della manifestazione Alberto ha dovuto gestire diverse variabili e monitorare, direttamente e indirettamente l’eventuale sopraggiungere di una situazione più complessa che poi si è puntualmente verificata, come da manuale PMBOK.
Sette mesi di preparazione con otto/nove allenamenti a settimana, si traducono in quattordici/venti ore di allenamento settimanale che per un amatore devono anche essere incastrate tra l’attività lavorativa e la gestione del quotidiano, non ultimo, attività e relazioni con i propri familiari. Ciò significa pianificare parte degli allenamenti al mattino presto (5 del mattino per sessioni di corsa) alla sera tardi (10 di sera per una sessione di rulli in bici o di nuoto in piscina). Il sabato e la domenica è il turno delle sessioni di lungo e/o di combinato, ciò significa prevedere un tempo di allenamento non sotto le 3 ore per la bici, un combinato può portare via anche 5/6 ore di allenamento, se unisci la parte di bici e subito dopo quella di corsa. Alberto però preparava una gara in montagna e vivendo a Milano doveva spostare i suoi allenamenti quanto meno nel lecchese, se non, per alcune sessioni, in Valle d’Aosta dove poteva trovare un ambiente più simile a quello della gara. Quindi doveva considerare anche il tempo viaggio per arrivare e tornare, in giornata.
Sette mesi di comunicazione e collaborazione stretta e intima con il proprio fisico e la propria mente, si perché ci sono quelle giornate dove di allenarti non ne hai proprio voglia, perché sei stanco o perché fuori piove e tu hai una sessione di allunghi di corsa, in programma. E allora vai comunque e vinci quella resistenza che vorrebbe tenerti a casa. “Quelle sono spesso le volte dove torni a casa con maggiore soddisfazione, perché oltre ad esserti allenato, non hai ceduto alle tue debolezze. Mi stavo preparando benissimo e sentivo che il mio fisico reagiva bene a tutti gli sforzi, non mi ero mai allenato così intensamente e sentivo di essere in una condizione che non avevo mai raggiunto!”. Nei sette mesi di preparazione Alberto deve anche inserire alcune gare, così da provare anche a misurarsi in una competizione con altri atleti. “Nelle gare di preparazione andavo fortissimo e mi stupivo di me stesso, ero davvero molto contento!”.
“Gestire la complessità per me significa, preparare tutto al meglio. Con la mia compagna la gara l’abbiamo vissuta in anticipo per decine di volte. Abbiamo scritto e riscritto più volte il programma, dove sostare, dove incontrarci per cambiare abbigliamento o per rifornirmi di barrette o integratori. Si perché al Brixia ogni atleta può nominare un suo accompagnatore che lo supporta in tutto il percorso. E condividere questa passione con la mia compagna, anche lei molto sportiva, è stato per me uno stimolo aggiuntivo, perché percepivo proprio fisicamente che stavamo lavorando per lo stesso obiettivo.”
La complessità abbiamo detto quando arriva, arriva! Tutto procede al meglio, Alberto nota solo che il suo fisico sta cambiando, la sua struttura robusta e di massa importante, si sta ulteriormente definendo ma allo stesso tempo assottigliando come massa muscolare. Alberto attribuiva il tutto all’intensità e al numero di allenamenti che aveva già completato. “Mi sono sempre ascoltato molto e conoscevo bene il mio corpo e come reagiva, pensavo fosse tutto a posto anche perché ero molto carico e le prestazioni erano ottime!”. Quando prepari una gara, provato personalmente, non ti puoi fermare, le tabelle di allenamento sono inesorabili e lavorano dentro e fuori di te. Se provi a saltarne una sessione ti scatta quasi automatico il senso di colpa. Allora Alberto parte per un altro combinato: bici tra i saliscendi del lago di Como/Lecco e poi salita in Grigna di corsa ed è lì su che purtroppo arriva il crollo. “Mi sono proprio bloccato, il mio corpo si rifiutava di andare avanti, la mia voce dentro mi diceva o ti fermi o ti fermo io!”. Al successivo confronto con l’allenatore arriva una risposta logica e saggia, bisogna fermarsi, antibiotico e 10 giorni di stop completo. Manca solo un mese al Brixia.
Il periodo di riposo però serve anche a rallentare e con quello stop forzato, Alberto riesce a raggiungere un diverso livello di conoscenza di se stesso, più profondo, una comunicazione e coordinamento più efficace con il proprio corpo. Forse il supporto di un nutrizionista avrebbe aiutato? Probabilmente, questo però farà parte di una lessons learned di fine progetto. Il nostro fisico e i nostri muscoli non tradiscono e hanno memoria di quanto è stato fatto e così Alberto si presenta il giorno della gara con una preparazione buona, non proprio come aveva ipotizzato, ma ha acquisito una consapevolezza e sicurezza dei suoi mezzi e di poter far bene, su cui non pensava di contare.
“Alle 4 del mattino c’è un traghetto che ti porta dall’altra parte del lago, dove inizia la sessione di nuoto. Il traghetto è pieno, ci sono gli atleti e gli accompagnatori, ma il silenzio che si sente è qualcosa di magico e inquietante allo stesso tempo. Sentivo solo il rumore del motore e dell’acqua che sbatteva sullo scafo, ma era tutto rallentato, così come i miei movimenti e avevo l’impressione di essere da solo su quel traghetto.”
Si parte, come da programma alle 4 del mattino, ogni atleta ha una boa con una lucina attaccata alla schiena per segnalare la sua posizione. Alberto tira le prima bracciate, è concentrato, carico e deciso ad arrivare in fondo anche se è solo all’inizio della gara.
“Dopo un po’ ho alzato lo sguardo in direzione della luce del faro che ci indicava la via, mi sono girato e non ho visto altre luci, non ne vedevo nemmeno davanti a me. Quando mi si è affiancata la barca della sicurezza ho capito che ero in testa!”
Alberto esce dall’acqua per primo, il secondo emergerà dal lago solo 13 minuti più tardi. Sale in sella e per 65km Alberto è da solo sulle strade del percorso, la gente ai lati della strada lo supporta, al ristoro gli dicono di non perdere troppo tempo e di continuare, è IL PRIMO! Ma la nuova consapevolezza acquisita non gli permette di cedere alle illusioni, corpo e mente stanno collaborando al meglio e Alberto sa già che sulle salite più impegnative arriveranno a prenderlo gli specialisti della montagna, però ha già ottenuto una sua soddisfazione, per 95km è stato in testa al Brixia.
Bici completata, iniziano i 39km di corsa, si passa dal caldo del fondo valle ai 7 gradi dell’arrivo. Si alterna corsa a camminata e qui c’è la grossa selezione degli atleti in gara, alla fine dei 150 in partenza ne arriveranno al traguardo poco più della metà. Alberto ha un paio di crisi, in una si ferma e vuole ritirarsi, servirà l’aiuto di un suo amico per riprendere piano piano e arrivare al traguardo ancora in forze. “La gara è una lotta continua tra mente e corpo, mentre il corpo ti dice di fermarti, la mente ti spinge a proseguire. Quando la tentazione di fermarmi era più forte, nella mia mente aprivo tutti i cassettini del periodo di preparazione, di tutte quelle volte che non volevo allenarmi e poi sono andato, delle difficoltà che ho superato e delle motivazioni che mi avevano portato lì. Così riuscivo ad andare avanti e così sono riuscito a completare il percorso!”
"Dopo 18 ore e poco più, con 7 gradi esterni, coperto a malapena perché mi era saltato l’ultimo cambio con il kit da montagna, il sole ormai basso tra le vette, vedo il traguardo e dentro di me penso:
Torniamo velocemente su come nel video e iniziamo ora il nostro ZOOM verso l’alto, allontanandosi man mano dalle sensazioni di Alberto.
Anche il Brixia come tutte le gare di triathlon è apparentemente una gara personale, ogni atleta gareggia per sé stesso, al limite per il proprio club sportivo. Se però allarghiamo l’orizzonte vediamo che non è proprio del tutto vero.
Ogni atleta amatore o no, non può mai preparare una gara di questo tipo da solo, ha bisogno di un team che direttamente o indirettamente lo supportano e gli consentono di arrivare all’obiettivo.
Questo è il secondo livello di comunicazione e collaborazione che un atleta deve sviluppare, coordinarsi con tutto il contesto esterno.
“Per il Brixia io devo dire grazie alla mia compagna, ho la fortuna che anche lei è una sportiva, quindi molti allenamenti in bici li abbiamo fatti insieme. In più mi ha supportato per tutto il periodo di preparazione e soprattutto il giorno della gara”
Ma ad aiutare Alberto in preparazione sono intervenuti anche il suo coach, il suo datore di lavoro che gli ha concesso l’elasticità oraria per allenarsi. Per gli allenamenti nel nuoto Alberto aveva un altro allenatore che lo ha portato al giusto livello. In gara i suoi amici lo hanno raggiunto da Milano e si sono mossi per tutto il percorso, per incitarlo, alcuni hanno anche percorso con lui un tratto di bici e il tratto finale della corsa. Un compagno di gara gli ha prestato una maglia tecnica e un cappello.
Tutte queste persone sono state parte della complessità che Alberto ha dovuto gestire e tutte queste persone, chi in maniera più diretta e chi meno, hanno permesso ad Alberto di arrivare in fondo.
Allargando ancora di più l’orizzonte, ci sono state un sacco di persone che Alberto nemmeno conosce, tutti i volontari dell’organizzazione, tutte gli abitanti di Ponte di Legno che lo hanno incitato anche queste hanno contribuito al successo di Alberto.
Ancora tutte le persone che lavorano per aziende di dispositivi wearable, app per il tracking delle performance, quelle che realizzano i materiali tecnici che Alberto ha usato, queste persone contribuiscono a creare le tecnologie che consentono ad amatori come Alberto di ottimizzare i tempi per gli allenamenti, monitorare la propria condizione fisica, migliorare le proprie prestazioni, muovendosi come solo un professionista con il suo team dedicato può fare.
Quando tutte queste condizioni si allineano, allora la gara non è più del singolo ma di tutti. Il risultato evidente di queste collaborazioni/comunicazioni sono le persone che incitano gli atleti a bordo strada, atleti che abbracciano parenti e amici al traguardo, atleti che piangono insieme all’arrivo. E ogni nuovo arrivato, ogni nuovo FINISHER come si chiamano tra loro, diventa motivo di festa per tutti, è un altro che ce l’ha fatta. Tutto ciò è talmente vero che al Brixia viene premiato solo il primo arrivato, tutti gli altri che completano il percorso, sono considerati tutti secondi.
E allora, ancora una vota, perché tutta questa fatica? Perché non limitarsi ad una più semplice corsetta al parco. Cosa lega un atleta anche se amatore ad entrare in una comunicazione e collaborazione così intensa con il proprio fisico? Perché tante persone che non gareggiano hanno comunque un trasporto così intenso con un evento come il Brixia?
Qui mi faccio aiutare da Yuval Noah Harari, storico e saggista israeliano. Yuval ha riscritto la storia dell’uomo da una prospettiva diversa. Lasciando perdere i disastri di cui l’uomo Sapiens si è reso responsabile nei vari secoli, Yuval ci racconta che l’uomo, il Sapiens nello specifico, pur partendo da un livello molto, ma molto basso della catena alimentare è riuscito a scalarla molto velocemente (riferendosi a tempi evolutivi ovviamente) fino a posizionarsi in testa a tutti gli esseri viventi. Questo è stato possibile grazie tre caratteristiche e capacità di comunicazione che solo i Sapiens sono riusciti a sviluppare. Gli altri esseri viventi non sono capaci di comunicare e collaborare allo stesso modo, a volte hanno due delle tre caratteristiche sviluppate dal Sapiens, più spesso ne hanno una sola. Per prima cosa, gli uomini hanno un tipo di comunicazione flessibile, poi sanno gestire una comunicazione che coinvolge un numero elevato di esseri Sapiens, ma soprattutto la terza caratteristica è che sono in grado di creare ragionamenti su concetti che non esistono nella realtà, quelli che in un progetto potremmo identificare come gli obiettivi, le visioni.
Il senso e le risposte alle domande sopra stanno proprio qui e apparentemente sembrano così scontate e banali, ma proprio per tali ragioni spesso tendono a sfuggirci ad essere sottostimate.
È l’avere fissato un obiettivo e il lavorare per raggiungerlo che ha permesso ad Alberto di comunicare e collaborare con il proprio fisico in un modo nuovo. È sempre la visione di quell’obiettivo che ha consentito ad Alberto di sottoporsi a carichi di lavoro ed emotivi difficilmente comprensibili da chi quell’obiettivo non lo vede e non lo sente come suo. Così come è stato il fine di permettere ad un atleta di raggiungere il traguardo in cima su a Passo Paradiso che ha portato così tante persone a collaborare, dedicare tempo e lavoro per quello stesso scopo. Sono obiettivi che nella realtà non esistono e presi a se stanti hanno anche poco senso, ma quando le visioni di tutti si allineano, allora tutto ciò che sembra difficile diventa fattibile e la complessità diventa una componente del gioco, la si può integrare o esserne semplicemente parte.
Chi è al di fuori del contesto o vede le cose completamente dall’esterno o ancora chi essendo dentro non è così focalizzato sugli stessi obiettivi e la stessa visione, dalla complessità verrà probabilmente travolto.